La Terra è ancora viva – 1. Cartoline dal mare

di Fedra Mincio e CUSA

Foto 1. Lampedusa a ottobre 2022

Sono gli ultimi giorni di ottobre e girano sul web e tra i giornali fotografie di spiagge stracolme di turisti e locali che fanno il bagno, con titoli come “È l’85 di agosto” o “L’autunno più caldo di tutti i tempi” e via dicendo. Si fanno anche previsioni che i primi di novembre saranno altrettanto caldi, si parla di una “novembrata”, visto che l’autunno non si fa vedere.

Le temperature alte a fine ottobre e l’affollamento delle spiagge sono interpretate come prova del cambiamento climatico in corso e del fatto che siamo all’ennesima emergenza.

Bisogna tuttavia distinguere le cose.

Da almeno trent’anni si parla ormai di cambiamento climatico e soprattutto da quando io ricordo (sempre circa trent’anni) ottobre è stato sempre un mese mite in cui, alle latitudini del Mediterraneo ci si può tranquillamente fare il bagno. Perciò, può darsi che negli ultimi trent’anni ci sia stato un cambiamento, ma ben diverso è lanciare l’allarme ogni anno e dire ogni estate che “si tratta dell’estate più calda di tutti i tempi” come se fosse tutto accaduto all’improvviso e la fine del mondo sia imminente.

L’aumento repentino delle temperature a cui assistiamo si presume sia avvenuto negli ultimi centocinquant’anni, periodo in cui la temperatura media della terra sarebbe aumentata di due gradi secondo le stime dell’IPCC, o più precisamente, di 1,1° C con la previsione che si arrivi a 1,5° C, persino a 2°C se non cambiamo tendenza, in pochi anni secondo un calcolo statistico e questo sarebbe dovuto al contemporaneo aumento di CO2 nell’atmosfera causato dalle attività umane. Si tratta quindi più di una previsione e non di una certezza, basata comunque sul fatto che a quanto pare c’è un effettivo aumento in corso.

Ci sono tuttavia diverse ragioni per cui credo che la relazione clima inquinamento andrebbe affrontata su scala più ampia e che ci sono diversi concetti che bisognerebbe considerare.

Il clima della terra è sempre cambiato, perciò questa non è la prima né l’ultima volta nella lunga e travagliata storia del nostro pianeta che questo avviene. Ammesso che sia colpa nostra, e non è improbabile che abbiamo una parte di responsabilità, saremmo davvero in emergenza?

Innanzitutto bisognerebbe stabilire delle temperature standard misurate in certe condizioni e in certi luoghi e prendere un periodo di tempo sufficientemente lungo per capire se questi centocinquant’anni sono anomali o se fanno parte di qualcosa di più ampio.

Centocinquant’anni sono pochi nella storia della terra e le temperature sono misurate con determinati metodi, con una certa cadenza e in determinate condizioni, cosa che non può valere per dati presi in precedenza, perché più si va indietro nella storia e più cambiano i metodi e le unità di misura, le datazioni, e non è detto che ci sia stato sempre l’interesse a misurare costantemente la temperatura dappertutto. Bisogna considerare che metodi e unità di misura variano non solo nel tempo, ma anche nello spazio: ciò avviene nel 2022, persino tra paesi con una storia comune, per fare un esempio, nonostante tutti si siano uniformati al grado centigrado nei paesi anglosassoni si usano ancora i Fahrenheit, figuriamoci se parliamo di un mondo precedente non ancora globalizzato. Stessa cosa vale per i calendari: sebbene ormai gran parte dei paesi del mondo si siano uniformati a un solo calendario, esiste evidentemente più di un calendario solare che fa si che i cattolici festeggino il Natale il 25 dicembre e gli ortodossi in Russia, il primo di gennaio, mentre tutt’ora noi festeggiamo la Pasqua seguendo un calendario lunare e le ricorrenze di parecchie popolazioni, come quelle arabe continuano a seguire i moti della luna.

Centocinquant’anni fa l’idea di Europa era ancora lontana, l’Italia forse era appena nata, c’erano un insieme di paesi monarchici che pensavano più a farsi la guerra tra loro e affermarsi come potenze coloniali, da est c’era ancora la “minaccia” dell’impero ottomano che si avviava al declino, mentre la Russia era ancora sotto lo zar e gli Stati Uniti si rafforzavano al loro interno. È vero che è il periodo in cui la scienza moderna si afferma, alcuni scienziati come Darwin si interrogano sull’origine e sull’evoluzione della vita, e forse Milankovich iniziava già i suoi studi sul clima e sulle sue correlazioni con i moti millenari della Terra, e avvengono già le prime esplorazioni dell’Antartide, ma non c’è ancora una comunità scientifica mondiale unita con interessi comuni, non c’era la possibilità di comunicare ogni risultato in tempo reale, forse non si comprende ancora l’importanza dei ghiacciai né c’è un’attenzione generale a ciò che avviene al pianeta. Nemmeno la conoscenza geografica è quella di oggi, le esplorazioni spaziali sono di là da venire. Se poi aggiungiamo che da allora fino ad oggi ci sono state due delle più sanguinose guerre che la storia abbia mai conosciuto che hanno coinvolto un po’ tutto il mondo, difficile pensare che la priorità fossero le temperature del pianeta. Difficile anche fare un confronto tra temperature misurate con una certa precisione e quelle ricostruite, per capire se c’è stato un cambiamento repentino o se viviamo una fase anomala all’interno di un cambiamento più ampio.

Noi causiamo danni al pianeta, e questo è un fatto credo difficile da discutere. Tuttavia, siamo davvero in grado di cambiare il clima del pianeta? Ripeto, è possibile che abbiamo una responsabilità, ma quanto inquinamento e clima sono realmente legati e quanto piuttosto si tratta di due fenomeni diversi? Tante e complesse sono infatti le cause del cambiamento climatico e la CO2 è una delle ultime.

Anche ammesso che la responsabilità sia completamente nostra, esattamente che significa che siamo in emergenza? Possiamo noi intervenire sulla natura senza considerare che essa segue il suo andamento, cambia, muta, si evolve? Premesso che se domani smettessimo tutto d’un colpo di inquinare ne gioveremmo noi e ciò che ci circonda, siamo sicuri che la natura non aspetti altro che un nostro intervento che riporti tutto com’era? Che nel frattempo non segua una sua direzione a prescindere da quello che facciamo noi? E anche se fossimo in grado di intervenire tornerebbe tutto come prima? Stiamo andando verso una catastrofe o verso un cambiamento che forse comporterà si, la sparizione di alcune specie e alcuni ambienti, forse la nostra stessa specie, ma anche la comparsa di qualcos’altro?

Siamo inoltre sicuri che le nostre soluzioni salvifiche siano effettivamente salvifiche per la terra? Ad esempio, usare una fonte di energia potente come il nucleare per continuare a produrre alla stessa velocità di adesso senza produrre ulteriore CO2 ci porterebbe a salvare il pianeta? Il clima, come già detto, non dipende solo dalla CO2, e l’inquinamento non è solo ciò che sporca visibilmente, ma ciò che impatta, anche se invisibile. Non meno importante considerazione, non sarà proprio questa mania di produrre all’attuale velocità il problema vero?

Non sarò sicuramente io a rispondere a tutte queste domande, ma credo valga la pena di porsele e rifletterci sopra, non per sminuire quello che continuiamo a combinare, ma proprio per capire che non siamo i padroni assoluti della terra e che rispettarla vuol dire anche sapere quando fermarsi. Per capire se, nella fretta di fare qualcosa di definitivo e salvifico, non rischiamo piuttosto di fare altri danni. E perché, se la scienza non è una religione, allora deve soffermarsi a riflettere piuttosto che fornire soluzioni facili e veloci per politici che hanno bisogno di dire qualcosa ai propri elettori e aziende che devono sviluppare e lanciare sul mercato il prima possibile i propri prodotti.

1.1 La percezione delle stagioni

Ho iniziato parlando delle spiagge affollate sulle isole del Mediterraneo, in particolar modo la Sicilia.

Foto 2. Torre Cabrera, Pozzallo, 1700

Innanzitutto bisogna dire che i siciliani non sono molto amanti del mare. La Sicilia è un’isola prevalentemente montagnosa e piena di cave, che nel corso della storia, dai greci ai fenici, fino agli arabi è stata più volte assalita da marinai e pirati e tuttora la gente che vive nei luoghi più interni, anche quando si trova a pochi chilometri dalla costa, ha una certa diffidenza nei confronti del mare. Molti lo vedono come un nemico, o meglio il luogo da cui provengono i nemici, e perciò la villeggiatura e i bagni sono una cosa relativamente recente e che comunque per molto tempo è stata riservata a chi poteva permettersela. Il libro di Raffaele Poidomani, Carrube e Cavalieri, parla di una famiglia storica e benestante del modicano nel 1700 e racconta in particolare del periodo in cui, tutti i membri si mettevano in viaggio per attraversare la campagna modicana e avviarsi verso il mare di Pozzallo. Allora sembrava un viaggio lunghissimo, i più piccoli e le donne carichi dei bagagli si mettevano in carrozza mentre gli uomini seguivano a piedi perché non c’era spazio per tutti a bordo e dopo aver viaggiato una giornata intera, verso sera si arrivava a destinazione. Una distanza che oggi viene regolarmente coperta in mezz’ora eppure tutt’oggi anche chi vive a soli dieci minuti dal mare preferisce trasferirsi in case costruite appositamente vicino alla costa dove passare tre mesi di vacanza piuttosto che fare avanti e indietro dal proprio paese ogni giorno. La conseguenza è che si sono formati veri e propri paesi di mare, che tuttavia non hanno nessuna forma o struttura di paese sono più degli ammassi di costruzioni, che rimangono abbandonati e deserti buona parte dell’anno perché già dopo ferragosto, alcuni a settembre, ognuno riparte al suo paesello. L’idea poi di affittare queste case ai turisti o eventuali viaggiatori di passaggio è molto recente, poiché molti luoghi della Sicilia sono rimasti sconosciuti fino a un decennio fa. È probabile che a questo abbia contribuito il fatto di aver inserito alcuni luoghi di importanza storica o naturalistica nel patrimonio dell’Unesco o di aver istituito la Bandiera Blu, una sorta di premio che viene dato ogni anno alle spiagge più pulite d’Italia.

Anche il rapporto con l’acqua dei siciliani non è dei migliori, tanta gente non nuota nemmeno, si limitano a mettere i piedi a mollo o stare vicino la riva, e se poi il vento si fa leggermente più intenso della normale brezza marina, in molti evitano proprio di andare in spiaggia. Tutti hanno sempre conosciuto Siracusa e la Valle dei Templi di Agrigento, nemmeno Agrigento città probabilmente che fino a poco tempo fa era un paesino con un unico bar al centro e la gente che ti guardava diffidente, dove dopo le 8 di sera non c’era più nessuno in giro. Spiagge che oggi sono invase a settembre e ottobre qualche anno fa ad agosto erano frequentate esclusivamente da chi aveva costruito casa nelle vicinanze, tanto che potevi indovinare con certezza chi vi avresti trovato. Nemmeno i lidi o i chioschi che vi si trovano oggi c’erano. Pachino e Marzamemi, oggi affollatissime mete turistiche diventate famose un po’ per la coltivazione del pomodorino, un po’ per la tonnara, non erano così rinomate fino a dieci anni fa. Le spiagge di Marina di Ragusa sono diventate famose grazie alla serie del Commissario Montalbano, e all’attrazione che esercita la famosa terrazza affacciata sul mare che nella realtà non è in un punto poi particolarmente bello. Non si può nemmeno dire che in Sicilia la gente fosse molto interessata ai turisti, semplicemente nel momento in cui i loro luoghi sono diventati conosciuti, in molti hanno cominciato a cogliere al volo l’opportunità di fare soldi.

C’è anche da dire che i social network hanno contribuito sia a fare conoscere molti luoghi sia a far si che la gente condivida la sua quotidianità.

Parlerò più avanti del clima della Sicilia, ma vorrei anticipare il concetto che abbiamo delle stagioni.

Foto 3. Bianco Natale

Primavera foglie e fiori,

bei colori e molti odori

in estate c’è vacanza

e c’è grano in abbondanza

In autunno è uva d’oro

pere, mele, un gran tesoro,

in inverno c’è il ceppo accesso

c’è la neve ma il fuoco acceso

Questa filastrocca che ho imparato forse in prima elementare e non mi ricordo più nemmeno se l’ha scritta qualcuno o se l’ha inventata la maestra, rappresenta il modo in cui a scuola più o meno invariabilmente si studiano le stagioni e l’idea che abbiamo nella testa riguardo ad esse. Questa distinzione così marcata tuttavia tra una stagione e l’altra è vera a determinate latitudini, in paesi del centro Europa, come la Germania ad esempio. In Sicilia la temperatura è mite per gran parte dell’anno, il freddo vero è limitato ai mesi di gennaio e febbraio e buona parte della vegetazione è sempreverde, la neve è qualcosa di raro (con l’eccezione dell’Etna e alcune zone più interne) e spettacolare. A scuola fino alle medie avevo compagni che non avevano mai visto la neve, e tuttora è per me un evento.

Nella nostra immaginazione contaminata (in senso positivo) da tradizioni non nostre, ci siamo abituati a pensare al “Bianco Natale” e inoltre, per motivi principalmente commerciali vediamo i panettoni nei supermercati già da ottobre. Perciò diventa normale aspettarsi che già con l’inizio dell’autunno arrivi il freddo necessario a creare l’atmosfera natalizia, quando mancano tre mesi, un’intera stagione, in cui pure in centro e nord Europa il clima rimane ancora relativamente mite, quella famosa stagione di passaggio, di mezzo, la mezza stagione.

Dico tutto questo, non per negare i dati sulle temperature ma per dire che quello che a livello personale pensiamo riguardo al clima sia molto influenzato dalle emozioni, dalle immagini da cui siamo bombardati, dalle sensazioni del momento, da quanto ci dicono i giornali e dai nostri ricordi, in parte veri in parte falsati. Per dire insomma, che non bisogna mischiare i ricordi e le sensazioni con i dati sulle temperature e con l’inquinamento.

Personalmente, ricordo estati molto più calde e molto più lunghe, pomeriggi estivi in cui l’aria era soffocante e irrespirabile in città, ma in cui se si andava al mare soffiava il vento, autunni secchi alternati ad altri piovosissimi, un freddo improvviso a settembre seguito da una nuova ondata di caldo a ottobre. Qualcun altro potrebbe tranquillamente contraddirmi e sostenere che non ha mai vissuto un’estate così afosa come quella appena passata, perché magari gli è rimasto vivido il ricordo di un’unica giornata mite in un’estate particolarmente calda o perché più si va indietro nella memoria, più si perde il conto degli anni e le sue “estati fresche” non corrispondono alle mie. O magari conta il fatto che alcuni di noi sono più inclini a sopportare il freddo e altri il caldo. O ancora c’è chi passa l’estate al mare o in campagna e chi suda in città costretto in casa con l’aria condizionata.

Per finire, non c’è dubbio che anche il fatto che le nostre case siano climatizzate d’estate e d’inverno influisca sulla nostra percezione della temperatura. A parte il fatto che è vero che l’aria condizionata contribuisce a far aumentare la temperatura esterna, è altrettanto vero che se ci abituiamo a chiuderci in casa con 13 gradi, ogni qual volta usciamo percepiamo una temperatura due volte superiore a quella reale. La stessa cosa, ma inversa, avviene quando ci seppelliamo d’inverno nelle nostre camere coi termosifoni a 35°C tutto il giorno.

Continua…

Bibliografia:

– Raffaele Poidomani, Carrube e Cavalieri, Tomaselli editore

Climate change widespread, rapid, and intensifying – IPCC https://www.ipcc.ch/2021/08/09/ar6-wg1-20210809-pr/

– Wikipedia

Foto:

– 1. https://www.agrigentonotizie.it

– 2. https://www.oltreimuri.blog

– 3. https://www.youtube.com

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