La terra è ancora viva – 4. Reazioni a catena

Antony Queen, Rodi, inverno 2016, solchi di battente, foto Fedra Mincio

di Dafne Rossi – Cusa

Le cause dei cambiamenti climatici sono tante e complesse. Alcune hanno un impatto locale, altre possono avere conseguenze più globali e durature nel tempo. A volte le dinamiche non sono molto chiare, si possono infatti innescare una serie di eventi in cui la relazione causa-effetto non è immediatamente individuabile.

Tra queste cause si può annoverare l’aumento di CO2 nell’atmosfera dovuto all’impatto antropico e il conseguente aumento di calore. Bisogna però innanzitutto distinguere tra il dire che l’inquinamento è una delle cause del repentino aumento di CO2 nell’atmosfera e dire che questo è la causa del cambiamento climatico attuale. Innanzitutto perché la CO2 è solo una delle possibili cause del cambiamento climatico, non è l’unico gas serra, il metano fa altrettanti danni, non è nemmeno l’unico effetto dell’inquinamento e inoltre le sue emissioni non dipendono esclusivamente dall’uomo.

Bisogna inoltre capire il livello di impatto delle attività antropiche, quanto esso sia duraturo nel tempo e quanto abbia a che fare effettivamente col clima e quanto piuttosto con la cura/incuria del territorio.

Inoltre bisogna distinguere tra fenomeni che sono di natura antropica e altri che sono completamente naturali anche se possono piacerci meno.

Per esempio associamo spesso la perdita di spiagge all’innalzamento del livello del mare che a sua volta sarebbe dovuto allo scioglimento dei ghiacciai ai poli.

Ciò denota spesso una scarsa conoscenza del territorio.

Il mare compie ogni giorno movimenti come le onde o le maree che fanno sentire il loro effetto su quel pezzo di terra chiamato spiaggia o litorale, che altri non è che la continuazione della piattaforma oceanica che viene ricoperta o privata di volta in volta di sedimento dall’azione dei fiumi, del vento o del mare stesso. Sulla spiaggia perciò vivono anche organismi che dipendono in tutto e per tutto dall’azione del mare, possono infatti vivere per lunghi periodi in condizioni di siccità alternati a periodi umidi, in base alle onde, le correnti e le maree. Il limite naturale della spiaggia è la duna, che rappresenta il punto dove la vegetazione è sufficientemente al riparo dagli schizzi di acqua salata e può svilupparsi abbondantemente. Le dune infatti sono il risultato di un lungo processo di collaborazione tra il vento e la vegetazione e non delle collinette di sabbia come spesso siamo abituati a pensare.

Alberghi e costruzioni sulla spiaggia Trianta-Kremastì, Rodi, inverno 2016 foto Fedra Mincio

Nel tempo, non solo spesso e volentieri abbiamo spianato le dune, ma abbiamo costruito sulla spiaggia, distruggendo non solo interi ecosistemi ma facendo sparire la spiaggia stessa. Inoltre nel corso delle epoche storiche, i corsi d’acqua sono stati intercettati per l’approvvigionamento idrico dei centri abitati, deviati e confluiti in dighe per raccogliere l’acqua. Il che ha comportato il fatto che i corsi d’acqua non arrivando più al mare o arrivando con una portata più modesta, specialmente in luoghi come la Sicilia dove i corsi d’acqua sono effimeri e dipendenti dalle piogge, non apportano più sedimento alla spiaggia, mentre il mare e il vento aumentano l’azione erosiva a discapito di quella deposizionale. Questo per dire che la sparizione delle spiagge non dipende dal fatto che abbiamo emanato CO2, i ghiacci si sono sciolti e il mare si è alzato di livello, ma che una scarsa considerazione del territorio ci ha portato a ritrovarci letteralmente coi piedi a mollo. Al contrario, possono essere proprio questi interventi sul territorio a causare un cambiamento nel clima locale che può avere effetti sul clima globale. Per esempio l’assenza delle dune e del bosco retrostante, può costituire l’assenza di una barriera dal vento che soffia dal mare, che si abbatterebbe violentemente sull’entroterra, e così la deviazione dei corsi d’acqua impoverisce le campagne circostanti inaridendole. Sembra la stessa cosa, in entrambi i casi abbiamo fatto un danno e provocato un cambiamento, ma non è proprio così. È fondamentale capire i rapporti causa effetto tra fenomeni, e le conseguenze non solo dirette ma anche indirette di un certo fattore, anche per capire di volta in volta le soluzioni da adottare e soprattutto se in tutti i casi bisogna effettivamente intervenire o magari invece è meglio non interferire con la natura in nessun modo.

Uno dei quattro torrenti che alimentano la spiaggia di Afantou, inverno 2016, Rodi Foto Fedra Mincio

L’innalzamento del livello del mare è un processo spesso lento, che avviene di pochi centimetri nell’arco di diversi millenni ed è testimoniato dal solco di battente, una linea sulle rocce che ci dice dove arrivava l’acqua millenni fa. Inoltre non è detto che sia causato da un’effettiva risalita del livello del mare, può dipendere da fenomeni di subsidenza, ovvero sprofondamento della crosta terrestre, causato ad esempio da un sovraccarico di sedimento che a sua volta può essere causato da fenomeni tettonici e dagli scambi di calore tra il mantello e la crosta terrestre. La crosta terrestre è infatti costituita da placche solide che si muovono sopra il mantello, fatto a sua volta da magma liquido incandescente. Questi moti sono alla base della formazione dei continenti, delle catene montuose e della crosta oceanica.

Bisogna anche capire quanto le attività dell’uomo abbiano impatto a livello locale.

emissioni che può produrre una città
(fonte: https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/aria/temi/emissioni)

Ad esempio è indubbio che stando in una città del Mediterraneo d’estate, con i condizionatori accesi che scaricano all’esterno degli edifici grandi quantità di calore, il cemento, l’asfalto e lo smog, le temperature misurate si possano alzare a dismisura. Basta però allontanarsi di poco, andare in mezzo alla vegetazione, o su una superficie d’acqua, per rinfrescarsi. Questo perché, se è vero che una città produce una cappa di CO2 che crea effetto serra fa aumentare la temperatura, non è detto che questo effetto serra si propaghi per tutta la campagna circostante. Da questo punto di vista è fondamentale ridurre le emissioni, costruire di meno, avere nelle città più spazi verdi. E tuttavia, questo è ancora una parte del problema. Per quanto calore possa generare una città, infatti, è chiaro che la temperatura estiva di una città del Mediterraneo non sarà mai come quella di una città del nord Europa. Questo dipende dalla latitudine, dalle correnti aeree e quelle oceaniche.

formazione di cicloni e anticicloni
(fonte: https://www.artofkitesurf.com/venti-e-meteo-come-leggerli-per-prevederli/)

Nell’atmosfera si creano zone di bassa pressione in cui i venti convergono, chiamate cicloni e zone di alta pressione in cui i venti si allontanano, gli anticicloni. Queste correnti spostandosi lungo i paralleli influiscono sul clima sul pianeta. L’anticiclone delle Azzorre è una zona di alta pressione che in estate si sposta verso il Mediterraneo. Questo determina le estati calde e secche, mentre di norma alle altre latitudini col caldo si abbassa la pressione e piove. Inoltre il Mediterraneo è influenzato dalla vicinanza del deserto, zona di bassa pressione subtropicale, che quindi si mantiene quasi sempre arida seppur calda. Questo a causa della cella convettiva di Hadley che si genera tra l’Equatore e i tropici. All’Equatore l’aria calda sale verso la parte alta della troposfera, dove condensa e ritorna raffreddata ai tropici, creando aree di alta pressione, gli anticicloni. Le zone di alta pressione subtropicale corrispondono appunto ai deserti, con climi caldi e secchi e un’alta escursione termica dal giorno alla notte. Infine l’aria riconverge verso l’Equatore attraverso gli alisei, venti che spirano da nordest verso sudovest nell’emisfero boreale e al contrario in quello australe. All’Equatore c’è una zona di convergenza intertropicale e il clima è caratterizzato da un’alta umidità che dura tutto l’anno.

Un’altra zona di alta pressione a causa dell’aria fredda che si solleva è il polo, dove per l’appunto il clima è altrettanto arido come nel deserto.

Anche negli oceani si creano correnti. Più precisamente si tratta di acqua che scorre sull’acqua, seguendo sempre la stessa direzione. Acque con caratteristiche diverse, come pressione, temperatura o salinità continuano a scorrere l’una sull’altra.

Correnti oceaniche –
(fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Corrente_oceanica#/media/File:Corrientes-oceanicas.png)

Correnti calde scorrono in superficie, come la corrente del Golfo, che si genera nel Golfo del Messico e attraversa l’Atlantico fino al mar del Nord, dove si immerge per confluire nella corrente gelida polare, e correnti gelide che scorrono sul fondo marino come la corrente antartica che gira intorno al globo senza incontrare terra davanti a sé, isolando completamente il continente antartico e rendendolo gelido e arido. Al polo nord, la presenza della corrente del Golfo e la continuità dei continenti grazie alla presenza di isole e penisole, rende le acque leggermente meno fredde rispetto a quelle del polo sud.

Il motivo per cui al posto delle isole britanniche non ci sono dei blocchi di ghiaccio è proprio la corrente del Golfo, mentre il fatto che in quella terra piova così tanto dipende dal ciclone nord atlantico, che si crea nella zona di convergenza temperata. Se la corrente del Golfo venisse deviata è probabile che le acque dell’Artico non essendo più riscaldate rimarrebbero più gelide e si potrebbe creare un continente gelido al Polo nord come l’Antartide.

Capire il fatto che acque con diverse caratteristiche possono scorrere l’una sull’altra, ci aiuta a capire cosa succede nel mar Mediterraneo. Il nostro mare infatti, è un mare chiuso dove l’evaporazione è molto forte, e in origine aveva solo un’apertura, lo stretto di Gibilterra, che gli permetteva di comunicare con l’Atlantico. Così avveniva e avviene tuttora uno scambio di acqua calda in uscita e acqua fredda in entrata. Questo “equilibrio” è stato sconvolto dall’apertura nel 1869 del Canale di Suez che ha messo il Mediterraneo in comunicazione con il Mar Rosso, un mare molto più caldo. Di conseguenza l’acqua del Mediterraneo ha cominciato a riscaldarsi e da lì inoltre sono venuti organismi cosiddetti “alieni” dagli oceani Indiano e Pacifico, che hanno sconvolto gli equilibri biologici, e alcuni dei quali particolarmente invasivi, perché entrati in competizione con organismi locali, e che si sono diffusi dapprima nel mar Egeo orientale, e in seguito sono arrivati fino al Tirreno.

Canale di Suez – (fonte: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-canale-di-suez-compie-150-anni-ed-e-ancora-fondamentale-anche-litalia-24414)

Vale la pena di soffermarsi ancora un po’ su questo punto. La tropicalizzazione del Mediterraneo viene additata come una delle cause dell’imminente “fine del mondo”, e la cui causa risale all’inquinamento e alla CO2, e al conseguente riscaldamento. Innanzitutto, come già detto, si tratta di un intervento umano sul territorio, che sicuramente contribuisce a cambiare il clima di una determinata area del pianeta, ma non è conseguenza diretta della CO2 né dello scioglimento dei ghiacciai. Inoltre va considerato cosa succederebbe se il Mediterraneo nel giro di qualche secolo diventasse un mare tropicale. Sarebbe la fine del mondo? Probabilmente no. Forse non ci sarebbero più le praterie di Posidonia (la cui sparizione tra l’altro non è dovuta nemmeno al Canale di Suez, ma al danneggiamento da reti da pesca a strascico, navi a motore ed effetto diretto dell’inquinamento da scarichi in mare), sparirebbero organismi non abituati ad acque calde e basse, come probabilmente quelle acque potrebbero diventare, ma potrebbe formarsi una nuova barriera corallina, oppure potremmo avere un nuovo ecosistema più complesso dove diverse specie conviverebbero tra loro. Se infatti il granchio blu o il pesce palla si sono adattati subito al Mediterraneo, non è detto che gli organismi che lo popolano attualmente non si adattino a vivere con questi nuovi inquilini e in nuove condizioni. Gli organismi hanno una capacità di adattamento superiore alla nostra comprensione. Soprattutto in acqua sviluppano tecniche per sopravvivere anche nelle condizioni più difficili, ad esempio con spore o uova “dormienti” che si sviluppano quando le condizioni ambientali sono favorevoli, con forme di riproduzione asessuate alternate a riproduzione sessuata per mescolare i geni e ottenere popolazioni più resistenti ai cambiamenti (la partenogenesi), inoltre esistono molti organismi che già per natura sono capaci di adattarsi a diverse condizioni di temperatura o salinità dell’acqua, per esempio pesci migranti come le anguille che passano dai mari caldi e tropicali dei Caraibi ai fiumi gelidi del Nord Europa, dopo viaggi infiniti di migliaia di chilometri, oppure gli organismi planctonici che possono migrare in verticale nella colonna d’acqua anche per 900 metri di profondità, cambiando nell’arco di una giornata temperatura e pressione dell’acqua.

Un’ultima considerazione riguarda i rapporti causa- effetto. Come già detto, la tropicalizzazione del Mediterraneo dipende principalmente dall’apertura del Canale di Suez. Dunque per riportare ogni cosa al suo posto, assumendo per assurdo che nel frattempo l’Atlantico sia rimasto tale e quale, bisognerebbe chiudere il canale di Suez. Questo però non tiene conto della storia del Mediterraneo. Infatti lo stretto di Gibilterra non è stato sempre aperto, ma nel corso dei millenni si è chiuso più di una volta, l’ultima nel Messiniano, circa 6 milioni di anni fa, quando il Mediterraneo si è prosciugato diventando un enorme deposito di sale. Riportando il Mediterraneo alla sua condizione originaria, perciò, non possiamo sapere se arrecheremo un ulteriore danno futuro data la nostra incapacità di pensare a lungo termine. I nostri tempi infatti sono limitatissimi rispetto a quelli della terra e ogni nostro intervento sulla natura, che cerchi di dare soluzioni nell’immediato presente, rischia di fare ulteriori danni di cui potremmo pentircene in seguito. Perciò ripeto che è fondamentale conoscere le cause e le conseguenze di ogni fattore, non solo quelle dirette, ma anche quelle indirette e meno visibili.

Crisi di salinità del Messiniano (fonte: https://www.lidentitadiclio.com/mar-mediterraneo-crisi-salinita-del-messiniano/)

A questo proposito, non bisogna dimenticare che la terra è un sistema aperto all’universo. La stessa acqua, il principio vitale di tutti gli organismi, è arrivata probabilmente sulla terra grazie al ghiaccio che costituisce la coda delle comete. Eventi come la caduta di meteoriti potrebbero aver destabilizzato più volte gli equilibri del pianeta e provocato estinzioni di massa, come quella dei dinosauri. La stessa azione gravitazionale della luna causa l’alternarsi della marea.

Impatto della luna sulle maree – (fonte: https://www.facebook.com/stellecostellazioni/posts/maree-linfluenza-di-luna-e-solele-maree-sono-dovute-alla-forza-di-attrazione-che/4209999829036463/?locale=hi_IN)

Il sole è causa di molti dei principali processi vitali prima di tutti la fotosintesi, dell’alternarsi del giorno e della notte che generano i ritmi circadiani, cioè l’orologio biologico degli esseri viventi, e dell’alternarsi delle stagioni. Alle diverse latitudini il sole arriva con un’inclinazione diversa e questo favorisce i diversi climi. All’Equatore la luce arriva perfettamente perpendicolare, questo determina una maggiore insolazione, mentre ai poli arriva con un minore angolo causando a fasi alterne un periodo di buio totale e uno di sole e temperature molto basse. L’inclinazione della radiazione solare dipende però anche dall’inclinazione dell’asse terrestre che cambia in modo impercettibile per noi nell’arco di migliaia di anni.

Oltre ai moti che la terra compie giornalmente e nell’arco di un anno ci sono infatti anche moti che la terra compie insieme agli altri corpi celesti:

Precessione degli equinozi (fonte: https://eratostene.vialattea.net/wpe/argomenti/terra-e-sole/le-oscillazioni-dellasse-terrestre/precessione/)

– l’eccentricità dell’orbita (100000 anni), ovvero la variazione della forma dell’orbita terrestre intorno al sole che assume forme da quasi circolare a ellittica

– variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre (41000 anni)

– la precessione degli equinozi (19-23000 anni), ovvero il cambiamento dell’orientazione dell’asse di rotazione terrestre che si comporta come una trottola quando inizia a rallentare.

Fu il matematico Milankovich a formulare la teoria che l’alternanza di periodi caldi e freddi sul pianeta, osservati da altri scienziati in precedenza corrispondesse ai moti millenari, e che all’interno di variazioni molto lunghe se ne potessero trovare altre più corte. Queste tesi furono in seguito approfondite dagli studi sui foraminiferi del biologo Emiliani e di Schakleton.

Con i sempre maggiori dati a disposizione si è visto poi che nell’ultimo periodo della terra gli intervalli si sono fatti più rapidi e tra 110000 e 23000 anni fa sono stati identificati nell’emisfero nord 23 eventi caratterizzati da riscaldamento rapido e graduale raffreddamento che sono stati attribuiti al rilascio di materiale da parte di iceberg che dalla calotta glaciale sono scesi alle medie latitudini e sono stati chiamati Eventi di Heinrich, dal nome del geologo marino che aveva osservato come il clima abbia subito delle oscillazioni e che tali oscillazioni secondo lui sarebbero stati la chiave per capire i cambiamenti climatici. Si pensa che questi eventi siano dovuti alle variazioni d’intensità della luce solare su gran parte del globo.

Iceberg alla deriva (fonte: https://www.latitudeslife.com/2021/06/ambiente-2021-banchise-galleggianti-e-terre-subacquee/iceberg-alla-deriva/)

Effetto albedo (fonte: https://www.centrometeoligure.com/albedo/)

È molto difficile capire le relazioni causa effetto. Ad esempio la maggiore radiazione solare fa sciogliere i ghiacci e riscaldare l’atmosfera, ma è anche vero che le superfici bianche assorbono la radiazione solare, di conseguenza i ghiacci possono rafforzarsi con la presenza della luce grazie all’effetto albedo. Inoltre come già detto un tempo stabile e quindi la presenza del sole genera alta pressione, il che significa che le temperature si mantengono basse e aumenta l’aridità proprio come succede nei deserti caldi. L’aridità può essere una caratteristica di climi caldi e climi freddi, esattamente come l’umidità. All’Equatore, che è il posto più caldo del mondo la pioggia è abbondante e costante tutto l’anno e cresce una rigogliosa vegetazione. Lì troviamo le foreste pluviali, che abbiamo ribattezzato i polmoni della terra, i maggiori emissari di ossigeno ma anche di CO2. Mi preme sottolineare questo aspetto perché quando parliamo di riscaldamento globale lo ricolleghiamo automaticamente all’aridità e all’assenza di piogge, e viceversa siamo convinti che una diminuzione delle piogge porti necessariamente al caldo. Infatti se è vero che alle latitudini del Mediterraneo le temperature nell’ultima estate sono state sopra la media e le piogge poco abbondanti, è anche vero che al nord Europa invece le piogge e i nubifragi imperversano.

Antartide, deserto polare, (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Deserto#/media/File:NOAA_Royal_Society_Range.jpg)

Un capitolo a parte meriterebbero i cosiddetti eventi disastrosi, come le esondazioni, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, gli tsunami.

Nel suo libro “Il mondo d’acqua” Schatzing parla dello Tsunami che si abbatté nel 2004 sulle coste della Thailandia e nell’oceano indiano, che sconvolse il mondo. Era la prima volta che l’occidente sentiva parlare di un evento simile. Tuttavia, dice Schatzing, la verità è che eventi come questi sono all’ordine del giorno sul pianeta più di quanto noi possiamo immaginare. Il fatto che qualcosa sia nuovo per noi, non significa che lo sia per la terra. Così come anche il fatto che apparentemente sia un fenomeno distruttivo. Uno tsunami è il risultato di un movimento tettonico e guarda caso si è abbattuto in un’area costituita principalmente da isole e dove i terremoti sono all’ordine del giorno, ed è distruttivo per l’essere umano, per gli edifici, le strade, ma non è qualcosa di anomalo per la terra e perciò non è qualcosa che ne sconvolge l’equilibrio.

In qualsiasi anime giapponese i protagonisti hanno almeno una volta a che fare con un terremoto. È qualcosa che fa parte dell’ordine naturale delle cose, tanto che in Giappone hanno trovato il modo di costruire tutto in maniera antisismica. Il Giappone infatti si trova tra la placca pacifica, eurasiatica, quella delle Filippine e quella nord-americana, che sprofonda sotto le altre per un fenomeno detto subduzione. I giapponesi sanno com’è il loro territorio e ci fanno i conti. Un fenomeno analogo avviene dalle nostre parti dove la placca africana sprofonda sotto la Sicilia spingendo contro di essa. L’Italia è un puzzle di microplacche facenti parte di due placche più grande, quella euroasiatica e quella africana, che si muovono continuamente per assestarsi e da questi movimenti dipendono i terremoti, ma anche i fenomeni vulcanici. Accettare la natura per com’è una condizione fondamentale per capire come intervenire eventualmente su di essa.

tettonica del Mediterraneo, confini tra placche (fonte: https://www.researchgate.net/figure/Figura-1-tettonica-del-Mediterraneo-La-linea-rossa-indica-il-margine-di-subduzione_fig1_272345299)

In Italia in particolare abbiamo la tendenza a sfidarla continuamente, costruendo opere che sono al di sopra delle nostre capacità e possibilità, in posti dove le condizioni ambientali non lo consentirebbero, sottovalutando le conseguenze e finiamo spesso per soccombere. Di conseguenza bisogna anche essere capaci di capire se quando diciamo che dobbiamo trovare soluzioni ai disastri naturali, cerchiamo soluzioni per la terra o per noi stessi. Che sono due cose molto diverse. Perché se è pur vero che dobbiamo rispettare il nostro istinto alla sopravvivenza come tutti gli altri esseri viventi, dobbiamo anche accettare che siamo di passaggio su questa terra, non solo come individui, ma come specie.

La terra non ha un equilibrio. È cambiato tutto così tante volte nella sua storia ed è tuttora costituita da così tanti ambienti diversi che non si può dire quale sia la condizione climatica o ambientale “giusta”. Anche se la temperatura globale è aumentata di due gradi rispetto agli ultimi centocinquant’anni, (cosa che per altro è ancora una previsione statistica che un dato di fatto) che dire degli ultimi mille? E degli ultimi diecimila? E rispetto a un milione di anni fa?

Là dove c’era il ghiaccio oggi ci sono distese di laghi, dove c’era il mare oggi c’è il deserto, sulle montagne ci sono fossili di conchiglie e sedimenti sabbiosi. Intere montagne sono state erose dai venti nel tempo e si sono trasformate in pianure, e montagne nuove sono sorte dalla collisione dei continenti, i continenti stessi si sono formati e disgregati. L’Atlantico è un oceano giovane di “recente” formazione che continua ad allargarsi grazie alla Dorsale Atlantica, mentre l’Oceano Pacifico è molto più antico e tende a sprofondare nella fossa delle Marianne, la zona più profonda attualmente presente sulla terra. Organismi marini riescono a vivere persino laggiù senza luce né ossigeno ma grazie a processi chemiosintetici di batteri che sintetizzano sostanze vitali a partire da composti che si trovano nelle sorgenti idrotermali, sorgenti di acqua calda che si creano negli abissi dove si depositano minerali.

Lago Tegel, Berlino, inverno 2023, lago di origine glaciale, foto di Fedra Mincio

 

Fonti:

– Slide professoressa Maria Rita Palombo, per Eventi ed ecosistemi del Quaternario, cause del cambiamento climatico

– Slide professoressa Lina Davoli, per Geografia e Geomorfologia Costiera, fasce climatiche, linea di costa, movimenti del mare, dune

– Leonardo Sagnotti https://ingvambiente.com/2020/02/11/la-scoperta-delle-variazioni-climatiche-a-scala-geologica-seconda-parte-da-emiliani-alle-perforazioni-dei-fondali-oceanici/,

– Leonardo Sagnotti https://ingvambiente.com/2019/12/10/breve-storia-sulla-scoperta-delle-variazioni-climatiche-a-scala-geologica-prima-parte-da-aristotele-a-milankovic/

Geomar.de https://www.geomar.de/forschen/fb1/fb1-p-oz/schwerpunkte/kopplung-niederer-und-hoher-breiten/heinrich-ereignisse

– INGVingvvulcani.com/2021/04/02/etna-31-marzo-1-aprile-2021-un-parossismo-insolito/, Ecco come l’Etna condiziona il clima Posted on 24. Aprile 2022 by Grazia Musumeci

Posted in Blog Tagged Eruzione Etna, Escursione Etna, Escursioni, Sicilia, Tour, vulcano,

Qual è l’influenza della polvere sahariana sul clima in Svizzera? https://allarmemeteo.ch/blog/linfluenza-polvere-sahariana-svizzera.html

– Schatzing, Il mondo d’acqua

https://www.geopop.it/giappone-antisismico-i-segreti-dietro-lefficienza/

https://www.geopop.it/

https://www.corriere.it/scienze/12_maggio_11/placca-sicilia-foresta-martin_ecf3b14a-9b72-11e1-81bc-34fceaba092f.shtml

  • https://www.lidentitadiclio.com/mar-mediterraneo-crisi-salinita-del-messiniano/

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