La Terra è ancora viva: 3. Metodi di studio e unità di misura

di Fedra Mincio e CUSA

Poniamo il caso di voler conoscere la temperatura del 1 agosto 1990 a mezzogiorno a Monte Mario, a Roma: dobbiamo rifarci a una temperatura registrata in tale data e in tale luogo, andare perciò a sfogliare una raccolta di bollettini meteorologici o qualcosa del genere. Probabilmente avremo un dato numerico preciso, misurato in gradi Celsius, magari con un primo prototipo di termometro digitale. Se invece vogliamo misurare la temperatura a Monte Mario il 1 agosto del 1960 siamo già di fronte a un dato misurato sicuramente con uno strumento diverso, con buona probabilità un termometro a mercurio. Se poi volessimo avere la stessa misura a New York che si trova all’incirca alla stessa latitudine di Roma, non solo probabilmente il numero sarebbe diverso, ma magari è stato misurato in gradi Farenheit. In altre parole, per comparare le temperature misurate in tempi recenti in diversi luoghi del mondo, dovremo stare attenti ai diversi metodi utilizzati per misurarle e alle diverse unità di misura, pur vivendo ormai in un mondo globalizzato che ha definito degli standard internazionali su come effettuare le misurazioni di temperatura. Esiste infatti una scala, definita la scala assoluta, che dovrebbe mettere d’accordo le altre unità di misura tuttora in uso: la scala Kelvin. Inoltre naturalmente dovremmo tenere conto dell’ora esatta a cui la temperatura è stata registrata perché la temperatura rilevata nell’arco della giornata non è detto che fosse la stessa: mezzogiorno è il momento più caldo e non ci fornisce informazioni sulla temperatura media della stagione estiva di quell’anno. Avremo quindi bisogno di comparare il dato con altri presi alla stessa ora in giorni diversi e negli stessi giorni a orari diversi, per poter capire com’era l’estate del 1990 o del 1960 a Roma. Se poi aggiungiamo che Monte Mario è il punto più alto della città, è chiaro che per farci un’idea più precisa bisognerebbe prendere in considerazione altre zone dove potremmo registrare variazioni indicative, anche se minime. Inoltre, i nostri dati cambieranno dal centro alla periferia e man mano che ci si allontanerà dalla città. Dopo aver preso tutte queste accortezze, notiamo che ancora ci troviamo ad avere informazioni molto limitate nel tempo e nello spazio. Non sappiamo ad esempio se le stesse temperature c’erano a Firenze o a Napoli, figuriamoci se scendiamo o saliamo ancora lungo la penisola italiana, se ci spostiamo verso la montagna o verso il mare, sulla costa adriatica o su quella tirrenica o sulle isole. Solo in Italia si registra una grande varietà di microclimi.

Foto 1: Termometro di Galileo

Le stime di temperatura dell’IPCC risalgono agli ultimi 150 anni. Il grado Celsius è stato proposto per la prima volta nel 1742 e il Fahrenheit nel 1724. Il primo prototipo di termometro è stato attribuito a Galileo Galilei, e risale al 1607, ma nel tempo lo strumento ha subito varie modifiche e acquisito diverse caratteristiche, si è passati da termometri che sfruttano la dilatazione termica di liquidi e/o gas, tra cui il mercurio, ai termometri digitali comparsi negli anni ‘80.

Negli anni ‘70 sono comparse le boe meteorologiche allo scopo di misurare le temperature dell’acqua di mare, dotate di sistemi che consentono di misurare parametri meteorologici e oceanografici e inviare i dati a terra via radio o via satellite. Anch’esse si sono modificate nel corso del tempo.

Per avere invece dati di temperatura dell’atmosfera terrestre su tutto il pianeta si mettono a confronto temperature prese da stazioni meteorologiche al suolo e ultimamente vengono sempre più usati dati presi dai satelliti. In Italia l’organo ufficiale competente che fornisce i dati meteorologici è il servizio meteorologico dell’aeronautica militare. Inizialmente fu istituito nel 1865 un ufficio meteorologico della Marina, poi con l’avvento dell’aeroplano nel 1913 è stato istituito il Regio Servizio aerologico, in seguito i due servizi sono diventati uno. Dagli anni ‘90 il servizio è completa responsabilità dell’Aeronautica.

Il World Meteorological Organization (WMO) è invece un’agenzia delle nazioni unite nata nel 1951, sulla base dell’International Meteorological Organization fondata nel 1873 atto a favorire lo scambio di informazioni sul tempo su scala globale.

Perciò l’interesse a fare previsioni meteorologiche su scala internazionale è relativamente recente, e non è stato mosso fin da subito da un interesse per l’ambiente ma dallo scopo di favorire l’agricoltura e la navigazione, oltre che da bisogni militari. Nel frattempo è cambiata la geografia del mondo, sono state fatte nuove scoperte, si pensi alle innumerevoli spedizioni per raggiungere il polo Sud, mentre solo a partire dagli anni ‘60 abbiamo una visione “spaziale” della terra. Di conseguenza ancora più recente è l’uso dei satelliti.

Man mano che si va indietro nel tempo, l’essere umano ha anche cambiato metodi di datazione: se volessimo avere un dato di temperatura il primo agosto del 1400 dobbiamo essere sicuri che il calendario corrisponda al nostro. Infatti prima del 1582 era in voga un calendario solare chiamato “Calendario Giuliano” un calendario solare che prende il nome da Giulio Cesare è che è stato poi sostituito dal calendario gregoriano che usiamo ancor oggi. Come già accennato, molte altre civiltà utilizzano ancora oggi calendari lunari: molti paesi infatti si sono dovuti adeguare al nostro calendario per ragioni commerciali ed economiche, ma le feste e le ricorrenze seguono ancora le fasi della luna. Persino la nostra Pasqua ricade in un periodo calcolato secondo le fasi della luna primaverili che varia tra gli Ortodossi e i Cattolici e il Natale ortodosso in Russia, pur seguendo un calendario solare, cade circa quindici giorni dopo quello cattolico.

Foto 2: Orologi antichi: clessidra

Scavando nel passato, troviamo metodi sempre più “primitivi”per calcolare il tempo (così diremmo noi) e le misurazioni sono meno precise. Perciò eventuali dati a disposizione diventano sempre più approssimativi, o sono da ricostruire in base alle testimonianze che abbiamo. Perfino l’arte allora ci può suggerire un eventuale clima caldo o freddo, anche se è inaffidabile perché non si può essere sicuri che la rappresentazione di persone vestite in abiti leggeri e seminude sia uno spaccato della realtà o più un canone artistico. Si può fare riferimento al tipo di abbigliamento in voga in un determinato periodo, a farci un’idea ci possono aiutare la letteratura, i giornali, le riviste, i diari, i racconti: anch’essi tuttavia possono dipendere più dagli stati d’animo o dalle impressioni di chi li ha scritti che dalla realtà.

Anche studiare gli spostamenti dell’essere umano può aiutare a capire com’è cambiato il clima. Anche se il motivo per cui l’uomo “primitivo” è emigrato dall’Africa negli altri continenti non è chiaro, si è però notato che ci sono state alcune grandi migrazioni in cui l’uomo probabilmente ha seguito le ondate migratorie di altri animali. Forse per cercare cibo, o forse perché l’ambiente in cui si trovava è mutato.

Perché bisogna considerare dati così vecchi e non ci possiamo accontentare degli ultimi 150 anni? Il fatto è che i cambiamenti climatici sono molto lunghi, e bisogna capire se siamo all’interno di un cambiamento climatico globale o se più semplicemente c’è un periodo “anomalo”, ammesso che si possa parlare di condizioni climatiche “standard” e di conseguenza trovarne delle altre “anomale”. Nell’800, ad esempio, come già detto, c’è stato un brevissimo periodo particolarmente freddo che è stato chiamato “Little Ice Age” e che ha interessato soprattutto l’emisfero nord. Così nel Medioevo, tramite i dati sugli isotopi, si è rilevato che c’è stato un periodo molto caldo, chiamato “Medieval Warm Period”.

Tuttavia queste testimonianze non bastano e bisogna allora andare ad interrogare la crosta terrestre.

Possiamo vedere come molti ritrovamenti archeologici risalenti ad esempio ai tempi dei romani e dei greci, siano oggi sotto il livello del mare. Molte ville storiche romane si trovano oggi sottoterra e gran parte della città di Roma è stata costruita letteralmente sopra i vecchi edifici. Ciò fa pensare che 2000 anni fa il livello del mare fosse più basso rispetto all’attuale.

A livello geologico possiamo osservare che la superficie terrestre è fatta di diversi strati di roccia che si sovrappongono. Gran parte delle rocce sul pianeta infatti è costituita da sedimenti, che si creano dalla rottura, trasporto, trasformazione di rocce precedenti, come ad esempio i ciottoli dei fiumi, o le conchiglie lasciate dal mare. Nel letto dei fiumi in particolare possiamo distinguere diverse fasi sedimentarie, testimoniate dai terrazzi fluviali.

Tra sedimenti di origine biologica abbiamo gusci o strutture calcarei e i fossili di organismi vegetali e animali. Organismi adattati a climi caldi o freddi, o che sopravvivono a ristretti intervalli di temperatura, possono indicarci le temperature o le condizioni climatiche del periodo a cui risalgono e della zona in cui sono stati trovati. Anche il polline viene molto studiato, perché consente di ricostruire un tipo di vegetazione e il suo areale, quindi anche il cambiamento di esso in seguito ad eventuale estinzione di una specie. Allo stesso modo vari tipi di sedimenti rocciosi possono darci informazioni diverse. Come abbiamo già accennato i sedimenti possono essere per esempio dovuti al passaggio dei ghiacciai, a quello dei fiumi, a innalzamento del livello del mare e così via.

Foto 3: Datazioni biologiche, i foraminiferi

Bisogna però anche riuscire a datare i sedimenti per sapere a che epoca risalgono e la stratificazione geologica non basta: non è detto cioè che le rocce più superficiali corrispondano alle rocce più recenti. Questo perché la crosta terrestre subisce continue trasformazioni, causate da pressioni interne e da fenomeni esterni. L’erosione da parte del mare o dei venti può ad esempio lasciare allo scoperto rocce più antiche di quelle depositatevi sopra. Movimenti della crosta terrestre, frane e terremoti possono far scivolare in profondità rocce più recenti e creare sovrapposizioni bizzarre.

In sostanza la stratificazione geologica non corrisponde a quella temporale. Ci vogliono allora metodi di datazione.

Ci sono diversi metodi per datare in maniera corretta le rocce e i fossili, tra questi gli isotopi. Gli isotopi sono atomi di uno stesso elemento che hanno un numero atomico uguale (numero di elettroni), ma variano per il loro numero di massa (somma di protoni e neutroni), in sostanza varia il numero di neutroni, cioè le particelle senza carica. Alcuni di essi sono stabili in natura, altri invece sono instabili e tendono a perdere particelle atomiche per stabilizzarsi il che si traduce per noi in forma di radiazioni, e questo fenomeno può durare anche milioni di anni. Perciò elementi oggi presenti in natura possono dirci molte cose su quello che è accaduto sulla terra nel corso delle ere geologiche. Gli isotopi radioattivi sono anche quelli che derivano in gran quantità dalle reazioni nucleari, e questo ci può far capire perché utilizzare questo tipo di energia può essere pericoloso per gli esseri viventi, perlomeno per quelli a noi più affini.

Gli isotopi li troviamo tanto nelle rocce quanto negli esseri viventi. Unendo perciò lo studio dei fossili a quello degli isotopi, si possono ricavare informazioni sui cambiamenti climatici e sulle temperature. Tra gli organismi più studiati per capire la storia della terra, i cambiamenti climatici e datare gli strati geologici, ci sono i foraminiferi, organismi unicellulari costituiti da un guscio calcareo creato utilizzando gli isotopi d’ossigeno dell’acqua marina. In base all’isotopo dell’ossigeno presente nel guscio si può ricostruire com’era il mare in una determinata epoca. Ci sono infatti due isotopi stabili dell’ossigeno, O16 e O18. Durante un periodo caldo, l’evaporazione favorisce l’evaporazione di isotopi O16 più leggeri, quando piove gli isotopi ritornano in mare e si stabilisce un equilibrio tra gli isotopi. Durante i periodi freddi invece i ghiacciai bloccano l’acqua ricca in O16 e il mare si arricchisce di O18. Le differenti composizioni di isotopi di ossigeno si possono studiare anche nelle grotte. Le variazioni temporali nei valori dell’O18 delle precipitazioni nevose accumulatesi sulle calotte polari riflettono sia le variazioni della temperatura che si registrano nell’arco dell’anno (variazioni stagionali) sia quelle dovute alle fluttuazioni climatiche a breve (ultimi 100-1000 anni) e lungo periodo (100.000 anni e più)

Un altro isotopo importante è il C14, un isotopo radioattivo che si trova negli organismi viventi.

Sulla base di tutte le osservazioni citate, si possono poi calcolare degli indici sui quali si basa la misurazione delle temperature più antiche. Quindi in ogni caso avremo delle stime che poi dovremo comparare con i dati attuali. Si può perciò dire che da un certo punto temporale in poi la nostra conoscenza delle temperature si basa esclusivamente su stime e calcoli, il che è ben diverso dall’avere dati misurati direttamente.

Tra i vari metodi usati per vedere come cambia il clima c’è anche la misurazione della concentrazione dei gas serra e tra questi la CO2.

Sembra che in effetti attualmente siamo ai massimi livelli di concentrazione della CO2 da 16000 anni a questa parte e questo aumento è in parte dovuto alle attività umane.

La Terra ha circa quattro miliardi e mezzo d’anni.

Per il primo mezzo miliardo ha vissuto un’esistenza senza quella che noi chiamiamo vita, ma non per questo tranquilla perché aveva ancora bisogno di assestarsi. Terremoti, piogge, eruzioni, inondazioni. Poi, sono comparsi quelle celluline primitive che per tre miliardi di anni hanno regnato sulla terra incontrastate, chiamate batteri. Il loro intervento è stato fondamentale per lo sviluppo della vita. Come diceva Schatzing nel suo libro “Il mondo d’acqua” la cellula non era altro che la borsetta di Miss Evoluzione che aspettava di trovare il modo giusto per dare il via alle infinite forme di vita che si sono susseguite e dopo qualche miliardo di anni finalmente ha sfoderato il suo asso nella manica: il nucleo, l’astuccio nel quale ha impacchettato il DNA, dando vita così alla cellula eucariotica.

Foto 4: Cianobatteri

Sempre i batteri sarebbero stati quelli che, secondo la teoria di Lynn Margoulis, avrebbero riempito l’atmosfera di ossigeno. Per la precisione sarebbero stati i cianobatteri, quelli che potremmo forse chiamare gli antenati degli esseri vegetali. Ora possiamo ammettere che gli organismi viventi, se questo è vero, hanno parecchia influenza sugli equilibri della terra, perciò perché non noi. Non si può negare che i mondi inorganico e organico interagiscano tra loro, rendendosi dipendenti l’uno dall’altro. Gli stessi fossili contribuiscono al formarsi della roccia e sono resti di organismi viventi. Il mondo organico si forma a partire da quello inorganico e viceversa. Ma nonostante i batteri siano tanti, si riproducano facilmente, e abbiano colonizzato tutta la terra, hanno comunque impiegato tanto tempo a riempire l’atmosfera di ossigeno e far arrivare i primi organismi capaci di respirarlo. E ancora oggi i batteri sono quelli che stabiliscono gli equilibri dei gas nell’atmosfera, nel suolo e nell’acqua.

Bisogna considerare che la vita c’era già quando l’atmosfera era irrespirabile e proprio perché c’era la CO2 sono nati organismi in grado di utilizzarla che a lungo andare hanno portato a cambiare l’atmosfera. All’inizio era l’ossigeno ad essere tossico per la vita eppure a lungo andare esso è diventato fondamentale. Forse è persino inutile chiedersi come sarebbe potuta andare se le cose avessero preso una piega diversa, ma nulla ci impedisce di immaginare scenari alternativi. La vita probabilmente si sarebbe sviluppata comunque.

Adesso, veniamo a noi. Secondo i ritrovamenti più antichi l’essere umano avrebbe due milioni e mezzo circa di anni alle spalle (il genere Homo, i suoi antenati probabilmente parecchio di più). Di cui una buona parte tuttora sconosciuti e riassunti fino a pochi decenni fa in un’unica immagine che nulla dice di tutto ciò che ha fatto l’uomo prima di diventare “civilizzato” e che probabilmente non corrisponde nemmeno a verità, ovvero “l’uomo delle caverne”.

Non siamo proprio gli ultimi arrivati sulla terra, qualcuno si è estinto dopo di noi (qualcuno anche o in parte per colpa nostra certo) e nuovi organismi sono venuti, però siamo abbastanza giovani. E da soltanto circa cinquecento anni ci siamo guadagnati il merito di “esseri particolarmente impattanti”. Perciò siamo impattanti sì, ma tutto sommato insignificanti nella lunga e travagliata storia del nostro pianeta e rispetto a organismi come i batteri che tuttora fanno il bello e il cattivo tempo. E la terra ha già subito dei cambiamenti mentre c’eravamo noi, cambiamenti di cui per ovvie ragioni non possiamo essere responsabili, e di cui probabilmente abbiamo pagato le conseguenze alla pari di tutti gli altri esseri viventi.

Continua

Bibliografia:

– Slide della professoressa Maria Rita Palombo per Eventi ed Ecosistemi del Quaternario sui metodi di studio e di datazione, i proxies, i feedback

– Frank Schatzing, Il mondo d’acqua, alla scoperta della vita attraverso il mare, Tea

https://www.focus.it

– Wikipedia

– Le quote delle costruzioni romane e paleocristiane del Castrum di Grado in relazione al livello del mare, Ruggero Marocco, AQUILEIA NOSTRA-ANNO LXXV-2004, https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/16162/1/75_10.pdf

http://www.meteoam.it/cenni-storici

https://public.wmo.int/en/about-us

Foto:

1. https://it.wikipedia.org/wiki/Termometro_galileiano

2. https://it.wikipedia.org/wiki/Clessidra

3. https://de.wikipedia.org/wiki/Foraminiferen

4. https://www.lescienze.it/news/2017/03/31/news/origine_cianobatteri_fotosintesi_ossigenica-3477243/

Informazioni su CUSA - umanesimoAnarchico

gruppo pacifista, ecologista, libertario.
Questa voce è stata pubblicata in anarchia, arte e cultura, attualità, ecologia e contrassegnata con , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.