Questo post vuole essere una rilettura critica della figura degli anarchici. Nell’immaginario comune infatti, prevale l’idea che l’anarchico sia una persona cattiva, violenta, un orco sadico che si aggira per la città con il coltello. Pronto a combinare guai e fare caos. O qualcosa di simile.
Non è stato così nei decenni passati. Sul finire del ottocento e nei primi anni del novecento, infatti, le persone avevano a cuore i problemi espressi dagli anarchici e se non erano sostenitori, perlomeno simpatizzavano con loro. Sia chiaro, non tutti erano d’accordo. Anzi. Ma un’ondata di ostilità socio-culturale come quella inaugurata dal fascismo e che perdura ancora oggi, era ben lontana dall’essere pensabile.
Nel corso degli anni, in molti hanno cercato di far tacere gli anarchici e i libertari, nel modo più congeniale: delegittimarli e sbatterli in galera o ridurli al silenzio (fino ad ammazzarli, Pinelli docet). Finti attentati o rivendicazioni fasulle, infiltrati, depistaggi mediatici e altro ancora, hanno garantito alle istituzioni e al governo di emarginare e ghettizzare gli anarchici. E l’operazione è andata a buon fine, se si pensa, ripeto, che adesso il solo nominare la parola “anarchia” genera preoccupazione nelle persone che la odono. Si è quindi venuto a creare uno stigma, da cui è difficile uscire. Anche perché a dirla tutta, gli anarchici non sempre si sono dati da fare per dimostrare alla gente la falsità di queste accuse e l’immagine distorta generate da informazioni mediatiche manipolate.
Chi dovesse leggere alcuni passi di pensatori anarco-libertari, potrebbe certo rilevare l’estremismo di certe tesi, la radicalità di alcune posizioni politiche, o l’enfasi dei discorsi e delle parole. Ma non riuscirà mai a trovare un anarchico che parla espressamente di bombe o violenza gratuita, tanto meno da rivolgere a esseri umani a lui pari. Come disse Indro Montanelli: l’anarchico, se spara o uccide, lo fa in maniera simbolica. Colpisce cioè il dittatore, il re o il rappresentante dell’autorità che reprime e sfrutta. E anche qui i casi si contano sulle dita di due mani. E cosa dire allora dei militari che sparano ogni giorno in giro per il mondo ammazzando gente innocente, o ai politici che sperperano i soldi pubblici, uccidendo in maniera latente la società intera. O alle forze dell’ordine che uccidono molte più persone? Insomma, se gli anarchici come movimento fossero un poco di buono, il resto del mondo sarebbe pieno di carnefici.
La domanda allora è: come cambiare questo stigma da negativo in positivo? Come ricreare quel legame tra il movimento anarchico e le persone? Come ridare energia ad un movimento che ha perso la bella immagine dell’ “anarchico romantico che lotta per il bene di tutti”?
Ritengo che al di là della storia e del loro agire quotidiano, gli anarchici abbiano oggi una sfida ancora più grande innanzi a loro: liberarsi dalle catene mediatiche e culturali che oggi si ritrovano addosso. Il punto di partenza per una rivitalizzazione dell’intero movimento mi sembra proprio questo: riconquistare i cuori della gente, consci della forza e giustizia degli ideali anarchici.
Buona riflessione a tutti.
Ivan Thoreau