Sulla via di Capitan Pomodoro, appunti per una terapia ecologica (già pubblicato il 20/07/10 su cusa.splinder.com)

Sia lodata la terra! Da tempo mi ronzava in mente l’idea di provare a giocare al “contadino” e finalmente sono riuscito nel mio intento. Da qualche mese faccio parte di un gruppo di persone che gestisce un orto. Orto sociale lo chiamiamo, poiché le scelte di gestione, la redistribuzione dei beni (e che buoni questi beni) e l’organizzazione in senso lato, riguardano tutti. Funziona così: siamo in 13 circa, e ognuno dedica 2 ore del proprio tempo ogni settimana (o se vuole di più) per lavorare di zappa, irrigare le verdure, seminare, etc. Dopodiché si prevedono degli incontri saltuari in cui fare il punto della situazione e pensare agli sviluppi futuri del progetto. Si crea così un bel gruppo, che lavora sulla fiducia, coopera e interagisce. E alla fine ad ognuno spetta la medesima parte di raccolto. 

E al di là dell’estrema importanza che avrebbe il ritorno della gente ad uno stile di vita conviviale-vernacolare, che a mio avviso passa necessariamente per un nuovo paradigma ecologico (es. ecologia sociale per citare Bookchin M.), ciò che mi preme esprimere, è l’enorme impatto psicologico. Che emozione starsene in santa pace, in silenzio. In una dimensione sospesa. Altro che psicanalisi! La miglior cura del sé, parte dal ritornare alla terra. Questo è stata una delle percezioni-emozioni che ho vissuto pensando all’ avventura che sto vivendo. Allora forse è vero che la rivoluzione mentale, non in senso ideologico, ma emotivo, comincia quando siamo distesi su un campo d’erba a guardare il cielo. Allontanarsi da tutto e da tutti per un paio d’ore la settimana è…strabiliante.  Una dimensione catartica che permette di rilassarci e riflettere. Fermare il tempo, la nostra schizofrenica attitudine all’ipervelocismo moderno e ascoltare, ascoltarci seriamente. Porci domande. Forse perché in quei luoghi c’è spazio per il pensiero, per il nostro pensiero. Negli orti non c’è pubblicità, non ci sono dogmi, non si erigono barriere. Gli input della società rimangono sulla strada. Non siamo soffocati dai suoi messaggi. Siamo soli. Noi e la natura. E io ne sono ben contento. Perché nel rapporto con la natura, soprattutto quando siamo soli, l’individualismo torna a bussare. E chissà che esso non ci porti buoni consigli. A me è successo.

L’orto come spazio effettivamente libertario. Liberazione di e da. Ecco come posso descrivere questi brevi scampoli di esperienza nell’agricoltura. Un consiglio: se potete, prendete la zappa in mano e datevi all’agricoltura. Pancia e mente vi ringrazieranno.

Perché come dice un proverbio “Gli uomini più felici sono quelli che tornano a casa con il sudore sulla fronte e i calli sulle mani” (molto romantico forse, ma fa sorridere).

p.s. A breve anche le foto del raccolto. Buona vita!

 

Miles Adorno

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gruppo pacifista, ecologista, libertario.
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