17 APRILE, ANCORA UNA VOLTA: DICIAMO “Sì” ALLA CHIUSURA DEI GIACIMENTI, MA SOPRATTUTTO DEGLI STRUMENTI DI DELEGA!

Quello referendario, è senza dubbio uno dei luoghi comuni più diffusi, circa gli spazi di partecipazione e autodeterminazione popolare, che i sistemi democratici e repubblicani metterebbero a disposizione dei propri cittadini, e della sovranità popolare.

Innanzitutto perché in Italia – ma non solo – i referendum nazionali sono esclusivamente abrogativi, confermativi o consultivi (non propositivi). E soprattutto perché sono degli irriducibili canalizzatori e filtratori delle mobilitazioni popolari, e delle tensioni più radicalmente rivoluzionarie che caratterizzano alcune di esse. Soprattutto quelle che si sviluppano su basi comunitarie, come talvolta accade in modo peculiare, proprio per le mobilitazioni a carattere ambientale.notriv

Questo è stato ancora una volta messo in luce, da tutte quelle istanze di ispirazione anarchica e libertaria, che hanno sottolineato come anche il referendum del 17 aprile contro le trivellazioni petrolifere in mare entro le 12 miglia dalla costa – oltre ad essere in sé per sé limitato per quanto riguarda gli effettivi risultati che esso otterrebbe nel conflitto specifico, in caso di raggiungimento del quorum e vittoria del “Sì” – rischia di essere non meno limitante, anche relativamente alle possibilità di lotta che a partire da esso si aprirebbero, o meglio si chiuderebbero, all’orizzonte delle prospettive autogestionarie più radicali.

Da un lato infatti, la chiusura dei suddetti giacimenti alla scadenza delle concessioni, piuttosto che all’esaurimento delle risorse, non garantirebbe la prevenzione, né rispetto alla futura apertura di nuove strutture oltre le 12 miglia, né rispetto all’intensificazione dello sfruttamento di quelle presenti sul territorio emerso, in Italia come all’estero. Con conseguenti “missioni di pace” od “interventi umanitari”, e/o, relative mutilazioni, rispetto al raggiungimento di un pieno risultato concreto.

Dall’altro lato, la vittoria tramite lo strumento referendario, non garantisce affatto la prosecuzione della mobilitazione ambientalista su basi rivoluzionarie, ed anzi rischia di fatto di sublimarne gli orizzonti, in una finta autodeterminazione popolare, tipica delle dinamiche e della retoriche della democrazia.

Sono tutti aspetti e problematiche da tenere presenti – questi/e – nel momento in cui si va a proporre di partecipare al voto, e di votare “Sì” – per bloccare lo sfruttamento dei giacimenti al termine delle concessioni – per il quesito referendario del prossimo 17 aprile.

Si tratta anche questa volta di fare la più malatestiana delle distinzioni, e delle commistioni, fra anarchia ed anarchismo. Fra l’orizzonte ideale da difendere e perseguire, e le battaglie contingenti che questo orizzonte può e deve saper affrontare e superare, per il proprio avvicinamento.

Si tratta di ribaltare dialetticamente, la concezione per cui il conflitto specifico, giocato fuori casa sul terreno del proprio avversario, porta inevitabilmente alla sconfitta dei propri schemi e dei propri obbiettivi di gioco.

Si tratta di trasformare l’appuntamento democratico, in un’ occasione di rilancio delle lotte e delle mobilitazioni più strettamente comunitarie.

Nella consapevolezza delle insidie e delle difficoltà di gestione che questo strumento comporta. Ma che al tempo stesso il conflitto specifico che esso risolve, per quanto limitato, è contingentemente troppo importante per essere ignorato.

Anche alla luce dei tentativi di boicottaggio governativi, fatti recentemente nei suoi confronti, quindi dell’effetto che la sua vittoria potrebbe avere, sulla stabilità futura dell’attuale governo, e sulla fiducia dei cittadini nei suoi confronti. Ma anche alla luce del significato simbolico che una vittoria del “Sì” acquisirebbe, in chiave di un rilancio delle istanze ecologiste in materia di energia e non solo.

IL 17 APRILE VOTIAMO SI’. Per iniziare a fermare le trivellazioni, ma soprattutto per rilanciare ovunque LA COSCIENZA E LA MOBILITAZIONE AMBIENTALISTA, AUTOGESTIONARIA, RIVOLUZIONARIA.

 

 

CUSA

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