Ma mi si dirà che queste sono discorsi utopici o idealisti tanto belli quanto ingenui, e che ci sono delle condizioni storiche oggettive che impongono certi sacrifici per evitare mali ben peggiori, come hanno in un modo o nell’altro dato a intendere tutte le principali sigle sindacali, con l’importante eccezione della FIOM, che hanno sostenuto e difeso a spada tratta l’accordo proposto da Marchionne.
Avevo appena 18 anni quando al Social Forum di Firenze, non senza una certa ingenuità idealista ed utopista, andai entusiasta ad un incontro dove interveniva – ospite d’onore – Bové, un contadino francese noto allora per dare l’assalto ai McDonald. Dopo di lui prese la parola un certo “compagno Guglielmo Epifani”, presentato con toni che lasciavano intuire cose molto interessanti. Ed in effetti, il compagno Epifani si beccò gli applausi scroscianti della sala a conclusione di un intervento al cui apice sostenne che “…ci dicono che dobbiamo controllare la globalizzazione. Noi rispondiamo che la globalizzazione è come il capitalismo: non si fa controllare da nessuno!”.
Oggi quel “compagno Guglielmo Epifani” è segretario nazionale uscente della CGIL, il principale sindacato riformista del Paese, tra i più convinti sostenitori di un accordo che sancisce un ulteriore importante passo in avanti nei rapporti di forza a favore del capitale rispetto alle più elementari norme del diritto al lavoro e alla salute. Insomma, non si può neanche dire che non sia stato coerente (sic!).
Ma allora, di fronte alla viscidità di questa “coerenza” riformista, io mi tengo ben stretta la mia ingenuità “idealista” ed “utopista”. E tutta la vicenda di Pomigliano e di Tychy mi fa capire quanto sia importante che vi siano ancora delle voci e dei corpi che indisciplinatamente continuano a ricercare delle prospettive di lotta radicali, anche al di là dei compromessi di cui la traduzione storica di queste lotte può avere bisogno come sue fasi di passaggio.
Solidarietà attiva e anarchica agli operai ed alle operaie di Pomigliano e Tychy.
EdoArdO