Ad un certo momento, con un gruppo di amici ci stacchiamo dal corteo ufficiale e prendiamo un altro sentiero che va su verso la vallata. Così come noi, fanno moltissime altre persone. Di fatto, oltre a goderci lo splendido paesaggio, ormai a rischio deturpamento per i folli progetti da eco(sui)cidio, camminiamo come muli. E in questo percorso, ci ritroviamo fianco a fianco con persone anziane e locali, a dimostrazione di quanto sia esteso il fronte no-tav. Insomma, non si tratta dei soliti “comunisti” o “studenti sfaccendati che non hanno nulla da fare”. In Val di Susa c’erano individui che sapevano bene quel che facevano, quanto vale questa lotta e l’eventuale sconfitta. Ne avremo conferma anche al ritorno, prima di salire sul pullman, quando in uno scambio di battute con due signori autoctoni, ci sentiamo dire “grazie” per essere venuti da lontano a difesa del loro territorio.
Verso le 13 e qualcosa arriviamo in un borgo e iniziamo a vedere persone che si iniziano a coprire il volto con indumenti o mascherine antigas. Che siano già arrivati i poliziotti? Dopo una breve sosta alla fontana del paesino, andiamo in cerca di capire che sta succedendo. Ci appostiamo allora su uno sperone di roccia, e da lì vediamo che a distanza di un chilometro (la sparo eh!), si stanno fronteggiando i manifestanti e la polizia. Gli uni nei boschi e gli altri nello spiazzo antistante. Lacrimogeni, idranti, e qualche carica a cui si contrappone il lancio di pietre o quant’altro. Questo riuscivamo a vedere dalla nostra posizione (curioso è che seppure ad una tale distanza, ad alcuni di noi bruciassero già gli occhi). Decidiamo allora di fare un tentativo: addentrarci nei sentieri per andare a vedere cosa sta succedendo, da più vicino. Ma nemmeno il tempo di inoltrarci tra i rami e rovi della boscaglia, che i manifestanti di ritorno dalla zona degli scontri, ci dicono che è inutile: senza maschere antigas non si riesce a respirare. Puf, salta il piano. Ci fermiamo allora nel paesino a mangiare e riposarci. Lì, nel concentramento di manifestanti, c’è anche chi torna malconcio, come ad esempio un ragazzo con il segno di un lacrimogeno sul petto (testimonianza del fatto che hanno sparato ad altezza uomo?!). Dopo un po’ si riparte, cercando di raggiungere il corteo ufficiale dall’altra parte della valle, a Chiomonte.
Manco a dirlo. Scendiamo per un sentiero e ci immettiamo su una strada, sopra la quale c’è la tangenziale (ho visto video di finanzieri e poliziotti, che stazionavano lì, lanciare oggetti ai manifestanti sotto. Qui un link: https://www.youtube.com/watch?v=SNYfEumFoTM).
Arriviamo allora in un luogo chiamato La Centrale, in cui si stanno fronteggiando poliziotti e manifestanti, divisi da un paio di recinzioni.https://www.youtube.com/watch?v=aY31EQEjdCM&feature=related. Anche qui, piovono lacrimogeni da un lato e pietre dall’alto, il tutto condito da eresie e insulti volanti. Normali tafferugli. Così mi sono parsi, a differenza delle descrizioni apocalittiche riportare dai quotidiani. Nel frattempo, alcuni manifestanti cercano, e in parte riescono, ad abbattere una delle due recinzioni. Di fatto finisce così. Dopo due ore di scontri, la gente inizia ad andarsene, alla spicciolata, in cerca del proprio pullman o macchina con cui tornare a casa.
Chissà con che pensieri in testa.
Molto è stato detto sugli scontri in Val di Susa. Probabilmente troppo. E forse anche, da persone che in Val Susa non ci sono nemmeno state.
In questo breve resoconto personale, spero di aver dato un’idea diversa di quello che è avvenuto.
Almeno per quello che ho potuto vedere io, insieme a qualche amico. Non ho visto terroristi, ne gruppi violenti organizzati e compagnia bella. Piuttosto ho visto un movimento che ha avuto, almeno laddove c’ero io, ben poco di rivoluzionario. Intesa come capacità di incidenza politica. Ho visto quasi la solita messa in scena delle due parti che si fronteggiano e gli affaristi (politici e non) che se la ridono dietro le quinte, comodamente seduti in poltrona.
Strumentalizzare ogni realtà, è semplice e banale. Certe scelte dei manifestanti (e del loro corrispettivo: le così dette forze dell’ordine) lo rende ancora più facile. Sorgono allora spontanee una serie di domande e considerazioni a carattere sparso.
Partiamo dai sassi lanciati. Hanno davvero un ‘utilità politica per il movimento no-tav? O sono più strumentali ai detentori del potere repressivo? Non si potevano scegliere metodi differenti? Certo, la mistificazione mediatica è inevitabile, sempre. Ma proprio per questo bisogna evitare il più possibile di prestarsi alle strumentalizzazioni politiche (Questo non vuol dire minimamente rinunciare ad agire, sia chiaro). I ragazzini che lanciavano sassi si sono resi conto di fare il gioco di chi vogliono contestare? Perché il movimento non li ha fermati? Come avrebbe potuto farlo? E ancora, avrebbe dovuto farlo?!
Planando sul campo della filosofia politica spiccia: chi da il diritto-potere ad un governo e/o a uno stato di obbligare una minoranza ad obbedire? Con quale legittimità la maggioranza si impone sulla minoranza? è solo il peso dei rapporti di forza che conta dunque?! Siamo ancora sicuri che la democrazia rappresentativa sia il massimo, il meglio? Essa rappresenta anche il giusto? O anche qui, la giustizia è la maschera di dominio con cui i forti (spesso i vincitori) impongono uno status-quo ai più deboli? È ancora questo il tipo di politica che vogliamo (possiamo) realizzare? E per chi lotta, sono ancora efficaci questi metodi di lotta molto spettacolari? Hanno un peso effettivo o forse ci sono alternative migliori altrove? ..
Non continuo, perché le riflessioni in merito sono talmente tante e talmente variegate che…non ho voglia di scriverle. Ognuno ci pensi come compito per casa.eheh..
Ci si vede alla prossima manifestazione. Magari a lanciare idee e prospettive, piuttosto che solo sassi.
Pier Paolo Gibran