25 aprile: che fascismo (e che antifascismo) quello attuale? (già pubblicato il 25/04/10 su cusa.splinder.com)

<<Il fascismo>> si sente speso dire, <<non è mai finito>>.
Forse perché nazismo e fascismo sono stati, con lo stalinismo, le prime grandi espressioni di Stato e di potere totalitario (più o meno riuscite) della Storia, ed hanno come tali influenzato anche i sistemi di potere a loro successivi, compresi quelli democratici che durante la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda li hanno combattuti, o hanno preteso di farlo.
Lo dimostra l’Italia ma non solo, fin dagli albori della così detta “Prima Repubblica”, quando diversi quadri ed esponenti fascisti andarono a ingrossare le fila del Governo Badoglio, fino ad arrivare in tempi più recenti alla strage di Bologna passando per quella di Piazza Fontana e gli anni della strategia della tensione.
Difatti, da allora fino ad oggi, lo Stato e la polizia italiana hanno sempre chiuso o strizzato un occhio a picchiatori e Antifascismoterroristi fascisti – quando anche non li hanno debitamente utilizzati a loro favore – quando si sono trovati di fronte a forze potenzialmente “pericolose”.
Ne stiamo avendo una prova anche oggi nella complicità delle forze dell’ordine coi gruppi neofascisti come Azione Giovani, Forza Nuova o Casa Pound, nella repressione delle azioni antifasciste e nello spazio politico che purtroppo questi stanno sempre più trovando.

Dunque che fascismo è quello attuale? Un fascismo, almeno in Italia, radicato alle istituzioni dello Stato democratico, così come lo è la criminalità organizzata. Questo anche grazie alla rivalutazione storica e cenestetica fatta da Berlusconi delle figura di Mussolini, un nuovo machismo che si alimenta anche di molti modelli culturali provenienti dagli Stati Uniti.

E dunque, è un neofascismo che come quello delle origini, si alimenta di una profonda crisi di valori.

E che antifascismo può essere allora quello attuale? Non un antifascismo vendicativo, ma che reclama i mezzi della propria autodifesa, anche con l’uso della forza fisica, difronte alla brutalità di chi si eccita della violenza più gratuita e non lascia altra scelta. Ma deve essere prima di tutto un antifascismo di contenuto, che punti allo scardinamento dei modelli mentali, culturali ed educativi, che lo stesso modello sociale, politico ed economico attuale e le sue crisi diffuse, sotto il tetto di una crisi più generale, producono.

Ad esempio, deve essere un antifascismo rivoluzionario o comunque radicale, e non che punti alla difesa dell’ordine costituito. Altrimenti sarà lo stesso Stato democratico a servirsi di questo antifascismo, per le sue operazioni di polizia.

CUSA


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